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13 cose da copiare alle mamme straniere sull'educazione dei figli?

Nelle nostre scuole ogni anno, e per fortuna, incontriamo diverse “mamme straniere” con il loro diverso approccio, con la loro interpretazione del ruolo. Ampliando un po’ lo sguardo al di là dei confini nazionali, è quindi semplice accorgersi di una verità elementare ma spesso sottovalutata: non esiste solo un modo di essere mamma.

Avendo sempre ben presenti i limiti delle generalizzazioni, ecco alcuni delle caratteristiche delle mamme “straniere”. Possiamo prendere qualche utile spunto? O forse è meglio di no?

Fanno più figli.

In Italia mediamente ciascuna mamma ha 1,4 figli… le mamme di Francia, Norvegia, Svezia e Finlandia con 1.8 figli sono le più propense alla maternità, sicuramente agevolate da norme molto flessibili sulla famiglia, sia dal punto di vista culturale che di conciliazione vita-lavoro.

Promuovono l’indipendenza.

La costruzione dell’indipendenza dei figli già in tenerissima età è una priorità per le mamme straniere, complice una cultura che favorisce la socializzazione al di fuori della famiglia.
Guardando oltre le Alpi, l’Italia risulta indietro rispetto alla maggior parte dei Paesi europei nel numero di bambini che frequentano i servizi per l'infanzia. In Danimarca, Svezia e Islanda oltre il 50 per cento dei bambini di età inferiore ai tre anni usufruisce del nido, seguono Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo con valori tra il 50 e il 25 per cento, poi l'Italia con Lituania, Spagna, Irlanda, Austria, Ungheria e Germania, con valori tra variano tra il 10 e il 25 per cento. La mamma “chioccia” italiana fa posizionare il nostro paese sotto la media.

Fanno rispettare gli orari.

Sull’annosa questione del far addormentare i bimbi, è interessante un confronto con i genitori d’oltremanica. Gli anglosassoni sono infatti strategicamente meglio attrezzati perché aderiscono più scientificamente alle linee guida degli esperti. L’ora della nanna è così calcolata: ore della sveglia meno ore di sonno di cui necessita il bimbo a quell’età. Se un bambino di cinque anni ha bisogno di 11,5 ore di sonno e si sveglia alle 7, dovrà essere a letto alle 19:30, mentre uno di 12 che si sveglia alla stessa ora e ha bisogno di dieci ore di sonno, potrà andare a letto alle 21. Elementare Watson!

 Pensano meno alla moda.

Se un eccesso di attenzione al look rischia di limitare la libertà di movimento dei più piccoli che non si preoccupano di sporcare o rovinare un capo (mentre le mamme sì), per i bambini il brand può diventare un mezzo per la costruzione della propria identità a partire già dai cinque anni. E, in questo senso, la famiglia gioca un ruolo di primo piano nel trasferire la consapevolezza dei marchi che, nel medio termine, possono portare anche a significanti pressioni nel gruppo di pari su ciò che è considerato accettabile e cosa no.

Sono più rilassate…

Quante volte capita alle mamme che per farsi sentire urlino, salvo poi sentirsi in colpa verso i figli o in imbarazzo se ci sono adulti o si è in un luogo pubblico? Le italiane che vivono all’estero confermano che genericamente le mamme straniere sono più serene nella quotidianità: la cena è spesso un pasto freddo, se i vestiti dei bambini non sono stirati non è un tragedia, non c’è l’ossessione della “maglietta della salute”, il rapporto con il clima è più pragmatico e non è una condizione di paralisi delle attività anzi! Già dalle due settimane di vita del bambino i genitori portano i figli al parco o gli fanno fare il pisolino all’aria aperta, non importa quale temperatura ci sia. Insomma, KEEP CALM AND BE MUM!

Leggono di più.

Certo che anche le mamme straniere attraversano le profonde crisi di identità legate alle varie fasi della maternità - allattamento, svezzamento, terrible two, e poi scuola, adolescenza e crisi di coppia -, ma lo fanno con spirito diverso e sono in migliore compagnia. L’offerta di libri sull’universo dell’essere mamma nel mondo anglosassone è straordinariamente ricca e all’insegna di uno sguardo disincantato, sincero, ma anche ironico sugli alti e i bassi di crescere i figli in modo consapevole.

Lavorano senza sentirsi in colpa.

Scardiniamo i luoghi comuni! Se è vero che i bambini beneficiano della presenza dei genitori, uno studio dell’Harvard Business School condotto in 25 Paesi su 50mila adulti ha dimostrato che i figli di madri che lavorano saranno avvantaggiati da adulti, e questo è particolarmente vero nel caso delle bambine che, una volta cresciute, guadagneranno in media il 23% in più delle coetanee figlie di madri casalinghe.

Parlano una seconda lingua.

Imparare una seconda lingua, evidenziano le ricerche, migliora le abilità creative, cognitive e linguistiche dei bambini e regala una maggiore apertura ad altre culture. Secondo Eurostat, in Italia solo il 16% degli studenti (che è poi diventano genitori) alla fine del ciclo scolastico parla una seconda lingua. E’ chiaro che in questo modo è anche più difficile per le madri italiane trasferire la familiarità con le lingue straniere ai propri figli.

Non usano il “baby talk”.

Rispetto alle mamme italiane, le straniere si esprimono usando meno il cosiddetto “baby talk”: in pratica, evitano termini onomatopeici quali “bau bau” per dire cane o “ brum brum” per dire auto nella comunicazione con i figli. Anche la scienza, ma il dibattito non è così ben definito, supporta questa buona pratica perché se accentuare le parole aiuta i bimbi ad orientarsi nella lingua e acquisire un linguaggio più ricco, l’uso di parole utilizzate solo con i bambini di fatto rallenta l’apprendimento della lingua.

Viaggiano di più e vanno più lontano.

Basta salire su un aereo o guardarsi intorno in un villaggio turistico per accorgersi che le mamme straniere tendono ad andare più lontano con figli anche in tenera età rispetto alle mamme italiane. E questo comportamento ha benefici non solo sulle mamme: uno studio di lungo periodo condotto dal Dipartimento dell’Educazione americano, che ha analizzato oltre 21mila bambini, ha evidenziato una relazione positiva fra la durata del viaggio e i risultati accademici.

Il “me time”, questo…conosciuto!

La maternità si sa riduce drasticamente le ore di tempo libero, quel “tempo per sé” (in inglese “me time”) così indispensabile per rigenerarsi con sé stessi, con il partner e con i figli.
Uno studio al riguardo della Procter&Gamble evidenzia che in Australia, in oltre il 50% dei casi, le madri attribuiscono alla condivisione nella gestione domestica e nella cura dei figli il merito di liberare del tempo. In pratica, la chiave del me time è il rapporto tra i coniugi nella divisione dei compiti.
Per l’Italia una fotografia triste al riguardo dal rapporto Ocse del 2013 che fa salire sul “podio” delle ore dedicate ai lavori domestici le italiane con 36 ore a settimana contro le 14 ore dei paesi industrializzati! 22 ore di Me time da recuperare dunque!

Fanno più sport.

Secondo uno studio pubblicato da Lancet, il 61% delle donne italiane conduce una vita sedentaria, contro il 47% delle americane, il 40% delle australiane, il 37% delle francesi e il 28,5% delle tedesche. Il rapporto con lo sport non è relativo solo al benessere personale ma impatta anche sulla vita dei figli. In particolare, sulle bambine: nella fascia di età fra 5 e 12 anni, infatti, si dimostrano più portate a fare sport se hanno una madre attiva.

Sono meno protettive.

Attente ma non ossessive, nei confronti dei figli le mamme straniere tendono ad avere un atteggiamento più rilassato. E questo si traduce in più spazio e più libertà di movimento, sia per la mamma che per il figlio. E’ l’abitudine girare per la città con bimbi piccoli che pedalano sulla propria bicicletta o camminano autonomamente senza essere tenuti per mano. Questo atteggiamento non è sintomo di imprudenza però, anzi! All’estero c’è generalmente un maggiore rispetto delle regole: quindi, il seggiolino in auto e il casco mentre si va in bicicletta non sono mai optional, e ai bambini viene insegnato il rispetto delle code e a tenere una linea quando si cammina.